Palazzo Ducale, cisterne romane

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Palazzo Ducale

Sorto su edifici di età romana (utilizzando anche materiali del Teatro Romano), fu in possesso del Regio Demanio sotto gli Angioioni e gli Aragonesi. Riedificato al tempo del Conte Antonio Acquaviva sulla fine del Trecento, venne ristrutturato verso la metà del sec. XVI. Fu la sede del potere civile e militare, vi dimorarono prima il Capitano Regio, quello ducale e poi la stessa famiglia ducale.

Nel palazzo Acquaviva oggi possiamo ammirare soltanto qualche copertura di sarcofago ed una natività affrescata di autore incerto. La pittura è posta all’ingresso della gradinata per i sotterranei del palazzo, dove pare vi si trovassero le prigioni e la camera della tortura. Gli stipiti in legno massello delle porte ducali e quel che resta degli arredi furono portati via dalle famiglie Sorricchio e Pretaroli, proprietari successivi. La facciata in grosse e squadrate pietre di travertino, è massiccia ed imponente, con finestre che spiccano dal risalto della trabeazione. Il portone di accentuate proporzioni è rialzato da una lieve gradinata. L’imponente struttura fu distrutta nel 1707 dagli austriaci di Carlo III. I tedeschi spogliarono il palazzo ducale di Atri e Giulianova, sequestrarono lo stato al duca: Girolamo, che morì a Roma nel 1709. Gli affreschi andarono distrutti e le tele di celebri pittori, come Tiziano ed il Veronese, che aveva un fratello frate in Atri, finirono nei Musei di Kassel e di Monaco. All’interno si apre un vasto cortile, ornato da un largo loggiato di ispirazione romanico-gotica, come mostrano i poderosi e bassi pilastri e la curvatura degli archi tendenti a tutto sesto. L’effetto gotico appare nei quattro archi acuti e nelle slanciate finestre del primo piano. Il salone ducale di rappresentanza (oggi sala del Consiglio Comunale) era ornato con i ritratti di duchi, spiccavano tra di essi le due opere di Tiziano, con le immagini delle principali imprese della famiglia. La cappella ducale aveva le immagini di 10 papi, di 10 cardinali, di B. Rodolfo martire e del cugino S. Luigi Gonzaga. Gli affreschi di Giacomo Farelli (1624-1706) che ornavano le sale con i ritratti e i duchi e duchesse D’Acquaviva, andarono distrutti sin dai primi decenni del secolo scorso, per disinteresse dei reali di Napoli, legittimi proprietari. Oggi poche immagini pittoriche sopravvivono alla distruzione austriaca del 1707. Le sole che riuscirono a sfuggire alla furia asburgica furono ritoccate e restaurate durante il XIX sec. ad opera dei nuovi proprietari: i Pretaroli.

L’attuale stanza del sindaco ha il soffitto interamente affrescato da F. De Felici nel 1883. Il soggetto centrale del dipinto è la Disfida di Barletta. In un’altra sala del Palazzo si conserva un affresco sulla disputa tra Ebrei, Cristiani ed Islam. Un’annotazione laterale al dipinto reca un elogio di don Carlo Pretaroli al restauratore Giacinto Stroppalatini Jeronimo. Le pareti della Sala recano affreschi con paesaggi balcanici musulmani del Bosforo. Proseguendo la visita alle stanze del palazzo è possibile ammirare il ritratto dell’ultima duchessa Isabella che morì senza figli nel 1755 ed il Tondo di Diana cacciatrice. Quest’ultimo affresco ha fornito spunto ai maestri Grue per le ceramiche di Castelli e di Atri.

Tuttavia, recentemente sono stati riportati alla luce alcuni splendidi affreschi di vita campestre dei duchi ed è stata restaurata e rinnovata la Chiostra del cortile, dove si tengono, soprattutto d’estate, incontri e concerti di musica classica, antica e corale. Collegato al palazzo vi è uno splendido giardino ornato da piante secolari,  accessibile dall’esterno o dallo stesso palazzo attraverso un porticato, al disotto del quale è presenta l’antica cisterna romana, i cui resti, furono scoperti nel 1700 da Nicola Sorricchio. Questa stessa cisterna è collegata con altre stanze presenti al disotto di tutto il palazzo ducale. Si tratta delle ex scuderie, attualmente visitabili solo in parte a seguito di un recente restauro.

Sorto su edifici di età romana (utilizzando anche materiali del Teatro Romano), fu in possesso del Regio Demanio sotto gli Angioioni e gli Aragonesi. Riedificato al tempo del Conte Antonio Acquaviva sulla fine del Trecento, venne ristrutturato verso la metà del sec. XVI. Fu la sede del potere civile e militare, vi dimorarono prima il Capitano Regio, quello ducale e poi la stessa famiglia ducale.

Nel palazzo Acquaviva oggi possiamo ammirare soltanto qualche copertura di sarcofago ed una natività affrescata di autore incerto. La pittura è posta all’ingresso della gradinata per i sotterranei del palazzo, dove pare vi si trovassero le prigioni e la camera della tortura. Gli stipiti in legno massello delle porte ducali e quel che resta degli arredi furono portati via dalle famiglie Sorricchio e Pretaroli, proprietari successivi. La facciata in grosse e squadrate pietre di travertino, è massiccia ed imponente, con finestre che spiccano dal risalto della trabeazione. Il portone di accentuate proporzioni è rialzato da una lieve gradinata. L’imponente struttura fu distrutta nel 1707 dagli austriaci di Carlo III. I tedeschi spogliarono il palazzo ducale di Atri e Giulianova, sequestrarono lo stato al duca: Girolamo, che morì a Roma nel 1709. Gli affreschi andarono distrutti e le tele di celebri pittori, come Tiziano ed il Veronese, che aveva un fratello frate in Atri, finirono nei Musei di Kassel e di Monaco. All’interno si apre un vasto cortile, ornato da un largo loggiato di ispirazione romanico-gotica, come mostrano i poderosi e bassi pilastri e la curvatura degli archi tendenti a tutto sesto. L’effetto gotico appare nei quattro archi acuti e nelle slanciate finestre del primo piano. Il salone ducale di rappresentanza (oggi sala del Consiglio Comunale) era ornato con i ritratti di duchi, spiccavano tra di essi le due opere di Tiziano, con le immagini delle principali imprese della famiglia. La cappella ducale aveva le immagini di 10 papi, di 10 cardinali, di B. Rodolfo martire e del cugino S. Luigi Gonzaga. Gli affreschi di Giacomo Farelli (1624-1706) che ornavano le sale con i ritratti e i duchi e duchesse D’Acquaviva, andarono distrutti sin dai primi decenni del secolo scorso, per disinteresse dei reali di Napoli, legittimi proprietari. Oggi poche immagini pittoriche sopravvivono alla distruzione austriaca del 1707. Le sole che riuscirono a sfuggire alla furia asburgica furono ritoccate e restaurate durante il XIX sec. ad opera dei nuovi proprietari: i Pretaroli.

L’attuale stanza del sindaco ha il soffitto interamente affrescato da F. De Felici nel 1883. Il soggetto centrale del dipinto è la Disfida di Barletta. In un’altra sala del Palazzo si conserva un affresco sulla disputa tra Ebrei, Cristiani ed Islam. Un’annotazione laterale al dipinto reca un elogio di don Carlo Pretaroli al restauratore Giacinto Stroppalatini Jeronimo. Le pareti della Sala recano affreschi con paesaggi balcanici musulmani del Bosforo. Proseguendo la visita alle stanze del palazzo è possibile ammirare il ritratto dell’ultima duchessa Isabella che morì senza figli nel 1755 ed il Tondo di Diana cacciatrice. Quest’ultimo affresco ha fornito spunto ai maestri Grue per le ceramiche di Castelli e di Atri.

Tuttavia, recentemente sono stati riportati alla luce alcuni splendidi affreschi di vita campestre dei duchi ed è stata restaurata e rinnovata la Chiostra del cortile, dove si tengono, soprattutto d’estate, incontri e concerti di musica classica, antica e corale. Collegato al palazzo vi è uno splendido giardino ornato da piante secolari,  accessibile dall’esterno o dallo stesso palazzo attraverso un porticato, al disotto del quale è presenta l’antica cisterna romana, i cui resti, furono scoperti nel 1700 da Nicola Sorricchio. Questa stessa cisterna è collegata con altre stanze presenti al disotto di tutto il palazzo ducale. Si tratta delle ex scuderie, attualmente visitabili solo in parte a seguito di un recente restauro.

 

Scuderie Ducali

Al disotto del Palazzo dei Duchi d’Acquaviva si trovano le maestose Scuderie Ducali. Osservati da una Natività seicentesca, si entra in una lunga sala con pavimento selciato in pendenza verso un pozzo e poi in ambienti più vasti con volte altissime. Le Scuderie furono anche prigioni e luoghi di tortura, ricavate nel ‘300 in una enorme cisterna romana e ora affascinanti spazi per mostre d’arte. La cisterna era collegata ad una imponente rete idrica di cui, fuori le mura, si va a vedere uno dei rami più intriganti.

Al fianco delle Scuderie, recentemente scoperte, si trovano le Cisterne di età romana.

Le cisterne fanno parte di un complesso sistema idrico cittadino, costituito da grandi conserve d’acqua in posizioni sommitali e in punti strategici della città con la funzione principale di conservare acqua e di permetterne un uso prolungato nel tempo. L’abitato  romano ricalca l’attuale e  le  cisterne si  collocano nel punto più elevato della  città, nell’area attualmente occupata da piazza Duchi Acquaviva dove anticamente era il Foro della città romana che la tradizione vuole edificato dall’imperatore Elio Adriano, nato da genitori di origine atriana. Il territorio rendeva difficile l’approvvigionamento idrico per la lontananza dei fiumi e da questo  nacque una  soluzione ingegnosa quanto ottimale dettata dalla natura stessa del territorio, idoneo all’applicazione del sistema captativo delle acque percolanti e sorgive. Le cisterne erano dotate di uno o più ingressi per l’acqua e pozzetti di scarico ancora visibili, la struttura era costituita da nove corpi rettangolari lunghi m. 14.80 e larghi m. 5.88, in opera laterizia absidati sul lato nord, che dovevano presumibilmente esser coperti a volta. All’interno della stessa si possono ancora ammirare le più elevate tecniche costruttive romane come l’opus signinum derivante dalla città di Signa, presso Roma, dove secondo antiche fonti fu inventato. Vitruvio ne descrive la fabbricazione e l’uso oltre all’incredibile capacità di far presa anche in ambienti non a contatto diretto con l’aria (idraulicità). In alcuni ambienti si conserva un’altra malta molto nota in ambito romano per la bassa permeabilità all’acqua, identificata come “cocciopesto” in quanto la presenza di terracotta oltre a calce e sabbia, le conferisce un colore rosato.

Nel corso del tempo la magnifica conserva d’acqua, a seguito di una disputa tra domenicani e francescani sedata da Carlo V, fu depredata del suo prezioso materiale per la costruzione dei nuovi edifici religiosi in città, ed i suoi locali furono adibiti a Scuderie Ducali oltre che, magazzini e prigioni nell’ultimo secolo. Tali vicissitudini non hanno tuttavia intaccato il suo carattere originario mantenendo tutto il fascino di un tempo, in perfetta armonia con le mostre ospitate che contribuiscono ad aumentarne l’atmosfera suggestiva.

 

Giornate Fai D’Autunno 2020

17 – 18 e 24 – 25 Ottobre 2020

In questo palazzo potrete trovare in esposizione eccezionale:

  • Documenti “Fondo Pergamenaceo”, Archivio della Sezione Storica, Comune di Atri
  • Statuto di Atri (1503), Archivio della Sezione Storica, Comune di Atri
  • “ASSE”: reperto della monetazione atriana
  • Serie completa artisticamente ricostruita della monetazione atriana di Giovanni Zanni
  • Stampi per l’antico procedimento di fusione

 

Dove?

Come fare per accedere?

Prenotazione su www.giornatefai.it